IL RICERCATORE SPIRITUALE
Chi
svolge un'attività di ricerca viene comunemente definito
“ricercatore”. Un ricercatore può occuparsi di svariati
argomenti, ad esempio può spaziare nel campo scientifico, medico,
tecnologico, ecc..
Coloro
che dedicano la vita alla ricerca in questi campi devono avere una
preparazione specifica, con anni di studi accademici nel settore
scelto per assumere una preparazione adeguata. Forse nel campo
spirituale, ricercatori si nasce, ma sicuramente lo si diventa.
Come
per gli argomenti ordinari, anche per il mondo “sottile” c'è
bisogno di una preparazione specifica, ma dal mio punto di vista, è
fondamentale possedere una sorta di “predisposizione”, una accesa
curiosità appartenente a una realtà immateriale.
Il
significato della parola “spirituale” ha diverse varianti, e come
tutte le cose mutabili ed immutabili, la definizione dipende sempre
dal punto di osservazione di chi lo definisce.
Secondo
la fisiologia antica, lo SPIRITO è il fluido sottile (detto più
precisamente spirito
vitale)
che, scorrendo dal cuore e dal cervello ai singoli organi,
determinerebbe le sensazioni e i moti dell'anima.
Secondo
le religioni lo SPIRITO è in contrapposizione alla materia e
definisce una ‘sostanza mistica’ o una ‘natura incorporea’
(Dio è purissimo spirito), un ‘essere immateriale in quanto
appartenente a un ordine soprannaturale e superiore.
Nella
teologia cattolica lo SPIRITO
Santo è
la terza persona della Trinità. Inoltre gli viene attribuito anche
il significato di Soffio, alito: esalare lo spirito, l'ultimo
respiro, la componente che rende possibile la vita.
In
senso specificamente filosofico, lo SPIRITO è la ‘realtà pensante
o cosciente’.
Nelle
mie pubblicazioni mi definisco un ricercatore spirituale, ma qual'è
il mio punto di osservazione? E' presto detto: sono un ricercatore
della realtà cosciente, ossia della coscienza.
Ho
una visione molto controversa di tutto ciò che appartiene al mondo
immateriale, e di conseguenza anche il significato che attribuisco a
coloro che ricercano lo spirito è ben diverso dal “solito”.
Solitamente,
un ricercatore spirituale viene “etichettato” come colui/colei
che ricerca ciò che è al di là dell'apparente materia,
intenzionato cosapevolmente o inconsapevolmente a scindere ciò che è
materiale da ciò che non lo è, apparentemente
appunto.
Questa dicotomia materia/immateria accompagna la visione del
“ricercatore” da quando esiste l'uomo in grado di “pensare”,
alla ricerca di quel mondo invisibile che da millenni si identifica
come il “sito” dove l'anima dell'uomo continua la sua esistenza
dopo il trapasso terreno, dove entità “superiori” come gli
angeli o gli arcangeli dimorano al fianco di Dio (religiosamente
parlando).
Ma
attualmente, dopo diversi millenni di storia, esiste una prova
concreta oltre ogni ragionevole dubbio? NO, o perlomeno non ancora...
“La
verità è una conquista personale”. E' con questa frase che amo
esordire prima e dopo ogni mio scritto, perché amo sottolineare che
tutto ciò che pensiamo e crediamo dipende sostanzialmente da due
fattori:
- Lo stato di coscienza in cui ci si trova.
- Il punto di osservazione.
La
meccanica quantistica ci ha aiutato parecchio in questo senso. Dai
primi decenni del 1900, con il principio di indeterminazione di
Heisenberg,
vennero stabiliti
i limiti nella conoscenza
e
nella misurazione.
Nel caso specifico della meccanica quantistica, i limiti di
misurazione e di conseguenza della conoscenza di essi dipendono
dall'impossibilità di stabilirne
dei
valori di grandezze fisiche
o
nelle formulazioni più recenti e generali, incompatibili,
in
un sistema fisico.
Nella
sperimentazione da laboratorio, in pratica, il
principio di indeterminazione ci dice che non è possibile misurare
contemporaneamente e con estrema esattezza le proprietà che
definiscono lo stato di una particella elementare.
Per
intenderci, se fossimo capaci di determinare con precisione assoluta
la posizione di questa particella elementare, ci troveremmo ad avere
massima incertezza sulla sua velocità.
Perché
accade questo? Perché in linea di principio utilizzando un
microscopio, sempre più potente, si può pensare di individuare la
posizione con sempre maggiore precisione. Tuttavia, per fare ciò,
noi dobbiamo illuminare la particella con un fascio di luce, per
poterla “vedere” al microscopio, e così facendo, dato che la
luce porta energia ed impulso, la nostra particella riceverebbe una
piccola spinta che cambierebbe il suo stato di moto (velocità).
Quindi, più la particella viene illuminata da microscopi sempre più
potenti, più le si da energia, più si cambia il suo momento, cioè
la sua velocità, e sempre meno possiamo determinare la sua posizione
iniziale e la sua velocità di partenza.
Le
due misure, della posizione e della velocità di impulso (massa
moltiplicata per la velocità) comportano un'indeterminazione
complessiva. Concettualmente il principio di indeterminazione
significa che l'osservatore,
cioè lo scienziato che fa la misura, non può mai essere considerato
un semplice spettatore, ma che il suo intervento, nel misurare le
cose, produce degli effetti non calcolabili, e dunque
un'indeterminazione che non si può eliminare.
L'osservatore
quindi condiziona l'osservato.
Ciò
che sto cercando di farti capire è che tutto ciò che osservi e
percepisci è condizionato da te stesso, da ciò che credi e pensi,
da tutto ciò che in quel momento che osservi, il tuo stato di
coscienza ti permette di interpretare. Per questo motivo sostengo che
la verità è una conquista personale, perché tutto ciò che
determini con l'osservazione delle cose e della realtà che ti
circonda, dipende solo da te.
Tutto
inizia dentro di noi,
non fuori. Ricercare il “mondo spirituale” per me significa
ricercare la propria essenza nel profondo di se stessi, senza
scindere il materiale dall'immateriale, perché entrambi compongono
la nostra attuale realtà tridimensionale. Paradossalmente parlando,
il trapasso non significa varcare la porta tra il materiale e
l'immateriale, cioè non è il moto che conduce la nostra essenza nel
mondo dei defunti. No, per me non è cosi scontato. Dal mio punto di
vista il trapasso è semplicemente un diverso stato di coscienza, in
una realtà diversa, un mondo collegato a quello stato specifico di
coscienza determinata dal passaggio dell'essere da una stato
tridimensionale ad uno stato “diverso” ma non definitivo.
L'essere sperimenta diversi stati di coscienza, in diversi luoghi
percepiti dagli stessi stati di coscienza, ma non in punti dello
spazio diversi tra loro, e nemmeno in punti del tempo diversi da
loro. L'essere vive e sperimenta situazioni differenti nel medesimo
istante. Per semplificare ciò che intendo posso dire che l'essere
sperimenta diverse dimensioni nello stesso istante, come se il
nostro “spirito” o come preferisco chiamarla io “ essenza”
sia suddivisa in tante parti che dimorano in stati coscienziali
diversi, senza limiti temporali. Nella dimensione attuale, dove ti
sto scrivendo, la percezione temporale è solo una elaborazione
mentale, un processo indotto per sperimentare questa dimensione
tridimensionale (altezza, lunghezza, spessore) che determina la massa
fisica. Ecco che sperimentiamo la tridimensionalità (fisicità)
utilizzando un'elaborazione mentale che determina la linea temporale,
dove esiste un inizio ed una fine. Questa è la dimensione della
dualità, basata sulla legge degli opposti, come del resto la linea
temporale e la tridimensionalità. Ogni cosa si misura in ordine crescente
e decrescente, tempo, lunghezza, spessore, profondità. Ricordi il
discorso iniziale? La scissione tra materiale e immateriale,
materia e spirito? Partendo da un presupposto molto più vasto, ora
puoi considerare che ciò che viene scisso in questa realtà in
verità è un tutt'uno, elaborato mentalmente dal nostro stato di
coscienza di questo universo spazio/temporale.
To
be continued...